La rumorosità nei luoghi di lavoro non miete più vittime come in passato, ma il livello di guardia resta alto. “Se pensiamo che agli inizi degli anni 90 si registravano 100mila richieste di malattie da lavoro per calo dell’udito mentre oggi siamo al di sotto delle 100, si capisce che sono stati fatti passi in avanti notevoli. Trent’anni fa si lavorava senza cuffie, senza alcuno strumento di prevenzione”. Antonio Giannini, medico chirurgo otorinolaringoiatra, ha iniziato la sua professione nella medicina del lavoro, svolgendo attività di indagini audiometriche. Dal 2003 la sua attività specialista ambulatoriale viene svolta presso il San Leonardo di Castellamare di Stabia. Collabora da diversi anni con Mediconsult per le visite specialistiche nel campo della medicina del lavoro. “Dal 1988, data in cui è stata introdotta e disciplinata la medicina del lavoro, l’otopatia da rumore è stata sempre la malattia professionale più diffusa, con il numero maggiore di invalidi. Il settore più a rischio resta la grande industria, in particolare quella metallurgia e tessile”.
Dottore, come è cambiato il mondo del lavoro a distanza di trent’anni dall’introduzione della medicina del lavoro?
La cultura della sicurezza è cresciuta sensibilmente. In tutte le aziende, dove il livello di rumorosità supera gli ottanta decibel, i lavoratori sono obbligatoriamente sottoposti a visite di controllo annuali per verificare eventuali danni. E’ chiaro che oggi si lavora mediamente in condizioni di sicurezza impensabili rispetto agli anni ’90.
Eppure si continua a morire di lavoro. I casi di infortuni per il mancato rispetto della normativa sulla sicurezza sul lavoro non sono certo una rarità.
Le aziende, complice la crisi, tendono a ridurre gli investimenti in sicurezza, anche se le attività di prevenzione sono in costante aumento, soprattutto se rapportate ad un recente passato. Non posso negare che nelle piccole realtà si cerca in tutti i modi di ridurre le spese, a danno non di rado della sicurezza sul lavoro. Oggi un giovane, quando entra in azienda, è già formato, è già a conoscenza di quanto previsto dalla normativa in materia di sicurezza. Questo riduce notevolmente il rischio di danni permanenti, ma è chiaro che si può e si deve fare di più.
I lavoratori della Campania, o del Sud più in generale, sono più esposti a certi rischi?
In Campania, come in tutte le realtà dell’Italia dove nel mondo del lavoro c’è mediamente un minore rispetto delle regole, i rischi sono maggiori. E’ chiaro che dove il lavoro è più precario e meno regolare, i fattori di rischio si moltiplicano e, da questo punto di vista, il Sud è sicuramente più esposto.
Quali sono i settori più a rischio?
Sicuramente la grande industria, ma il problema riguarda anche altri settori, come l’edilizia. In un cantiere, ad esempio, la rumorosità è in genere più alta, ma anche più concentrata, non fissa quindi per tutta la durata di un turno di lavoro come avviene in diversi comparti dell’industria manifatturiera. E’ così, ad esempio, anche nelle falegnamerie. Sono tutte situazioni che meritano grande attenzione. I lavoratori vanno costantemente monitorati, è una strada obbligatoria per evitare qualsiasi problema.